Tradizioni
14/08/2018
TAGS Tradizioni Cultura Popolare Puglia
Locorotondo, come altre città pugliesi, ha più di un Santo Patrono. A san Giorgio, il primo patrono della città, nel corso dei secoli sono stati aggiunti Santa Maria della Greca, San Rocco e Santa Felicissima, di quest’ultima si conservano anche le reliquie nella chiesa Madre.
San Rocco, però, è quello più conosciuto, forse perchè a lui si dedica la festa religiosa più solenne, il 15, 16 e 17 agosto.
Si racconta che un anziano devoto si recò in pallegrinaggio da Locorotondo a Ceglie Messapica per chiedere una grazia a san Rocco, il santo taumaturgo di Montpéllier. Il fedele giunto presso il santuario sulla collina, stanco, si addormentò vicino a una cappella votiva dove si conservava una Statua del santo che gli apparve in sonno rassicurandolo sulla sua protezione e, soprattutto, che lo invitò a diffondere il suo culto a Locorotondo. Racconti popolari a parte dalle ricerche storiche si deduce che il culto di San Rocco a Locorotondo si sia diffuso nel XVI secolo e, forse, ancor prima che nella vicina Ceglie Messapica.
Lo storico Gaetano Scatigna Minghetti mette in relazione il culto di San Rocco diffusosi sulla Mugia dei Trulli, quindi a Ceglie Messapica, Locorotondo e Noci al periodo dell’anno in cui la festa cade. Estate inoltrata, infatti, quando finite le semine nei campi la natura si prepara al riposo autunnale, conservando nel ventre il seme che crescerà e germoglierà a primavera prossima. Quindi è un periodo di passaggio nel ciclo agricolo annuale, dunque una festa religiosa forse subentrata a festività pagane precristiane. Vero è anche che a San Rocco si attribuisce il salvataggio di Locorotondo anche dalla peste del XVII secolo che, invece, infestò luoghi limitrofi.
Per questo San Rocco è festeggiato come patrono/protettore con processioni diurne e serali che si susseguono nei tre giorni, luminarie, una fiera, spettacoli bandistici e soprattutto i fuochi pirotecnici che, spettacolari, illuminano e colorano ogni anno per un’ora il cielo della Valle d’Itria, attirando visitatori e fotografi da tutto il mondo, allo scoccare della mezzanotte del 16 agosto.
Tra le attrattive della festa ve ne è una di particolare interesse, la Diana, in vernacolo a Diène, una dolce e breve composizione musicale che viene suonata da un gruppo di musicanti nella notte a cavallo tra il 15 e il 16 agosto fino alle prime luci dell’alba nella città vecchia (e non solo), un suono che giunge nelle case dei residenti che spesso si affacciano per salutare questo dolce risveglio. Il nome Diana probabilmente è da mettere in relazione con la Diana militare, una sveglia data a suon di tamburo, prima dell’apparire a Est della stella Diana, ossia prima del levar del sole, da cui l’espressione “battere la diana”, ossia alzarsi presto. Interessante è sapere che la Diana anche nel mondo antico romano era la batteria che dava il risveglio all’esercito. Come non associare questo nome alla dea Diana , la cui radice del nome die in latino vuol dire giorno. Diana era infatti anche la Dea del giorno per latini e popolazioni italiche, prelatine. Certo è che nella tradizione popolare questa composizione musicale ha assunto caratteri più melodiosi, meno squillanti che si addicono ad ambienti militareschi. Così per esempio a Locorotondo la composizione è approdata a sonorità delicate e adatte più a un’atmosfera mondana e festiva, una mattinata per un dì di festa. Giuseppe Tursi e Nico Semeraro nel loro interessante articolo sull’argomento, contenuto nella rivista Murge dell’agosto 2007, scrissero che la Diana è ” l’incipit alla festa religiosa più attesa di Locorotondo, quella di San Rocco”.
Chi è l’autore della Diana? La memoria dell’autore negli anni si era persa, tanto che si parlava di anonimo. In più la trasmissione della musica senza gli originali spartiti e dunque basata solo sull’ascolto aveva stravolto la composizione originaria, a cui si erano aggiunti anche nuovi strumenti. Il ricercatore Martino Fumarola ha ritrovato lo spartito originale risalendo all’autore, Vincenzo Calella (1829-1912), un musicista locorotondese, uno spartito trovato tra i documenti di un nipote del musicista. Dalla originale partitura ritrovata si è anche dedotto che la strumentazione era composta da sei fiati, alcuni dei quali non più in auge. Anche il Fumarola riporta i risultati della sua ricerca nel periodico Murge di agosto 2007.
Così da più di un secolo questa dolce mattinata viene suonata nelle ore antelucane del 16 agosto. Nel 1977 la tradizione rischiò di interrompersi per un mancato accordo di cachet tra i musicanti esecutori e il Comitato Feste Patronali. Prontamente il maestro Bruno Campanella scrisse le partiture per sei fiati che furono eseguite dalla Banda di Ceglie Messapica chiamata per la Festa religiosa, lasciando increduli i musicanti locorotondesi, soprattutto evitando l’interruzione del rito. Da allora l’evento si è arricchito. Attualmente il Comitato Feste Patronali affida il compito di eseguire la Diana a due gruppi di musicanti scelti dal “Concerto Bandistico Fratelli Caramia” e dalla ”Civica Banda Musicale “A. Gidiuli & V. Calella”; così i due gruppi fino all’alba diffondono le dolci note della Diana nella città vecchia e anche nella città nuova seguiti da un corteo di residenti e forestieri. Un tempo si rimaneva a letto, talvolta non si veniva neppure svegliati dalla Diana, perchè quelle sono le ore di sonno profondo. Pertanto succedeva spesso che la mattina seguente qualcuno dicesse : “stanotte la Diana non è passata” . Qualche anziano ricorda, invece, che si rimaneva a letto attendendo con gioia quella melodia che pian piano arrivava e velocemente svaniva in lontananza.
Il presidente dell’Associazione Culturale Bandistica Civica Banda Musicale “A.Gidiuli & V.Calella” di Locorotondo Francesco Satalino, con velata nostagia, afferma che la grande folla di visitatori che attendono la Diana ha fatto assumere all’evento un carattere più mondano, rimanendo il rito, tuttavia, una delle più belle tradizioni culturali dell’estate locorotondese.
Autore: Maria Teresa Acquaviva - Visita il suo sito www.passaturi.it