Destinazioni
22/10/2018
TAGS Cultura Popolare Esplora Puglia
La Valle d'Itria può essere considerata la valle dei trulli per antonomasia, in quanto vi si registra la massima concentrazione di trulli sparsi: ovunque fra rigogliose vigne, piccoli orti e campi di grano, spuntano i coni delle abitazioni rurali locali dette trulli.
Non è una vera e propria valle, ma un territorio dolcemente ondulato in cui si alternano avvallamenti e colline, poggi e saliscendi carsici.
La valle è un susseguirsi di effetti cromatici, un tripudio di colori che vanno dal verde dei piccoli boschi di querce ai secolari ulivi e ai vigneti, al bianco dei trulli e delle masserie sino alla "terra rossa" della campagna.
Il toponimo "Itria" potrebbe derivare dal culto orientale della Madonna “Odegitria” (cioè che indica la via) importato dai monaci basiliani che nel 977 si insediarono nel territorio, provenienti dai territori dell'Impero Romano d'Oriente.
Il paesaggio della Valle d’Itria è particolarmente singolare e riconoscibile e rappresenta l’esito di una sapiente integrazione tra le componenti antropiche, naturali e fisiche. Le attività dell’uomo (agricole e insediative) si sono adattate alla struttura e forma dei luoghi, assecondando le asperità del suolo carsico e utilizzandone al meglio le opportunità, contribuendo a costruire quella che Cesare Brandi chiama “una campagna pianificata come una città”. La fitta trama agraria è caratterizzata da campi, generalmente di piccole dimensioni; una fitta rete di muretti a secco sottolinea il disegno di questa trama minuta.
Oggi come allora la campagna si presenta coltivata e densamente abitata, tuttavia c'è stato un tempo in cui la città e la campagna rappresentavano due mondi opposti, esistevano “due culture” ben distinte, che caratterizzavano non solo le dinamiche lavorative ma anche quelle sociali e relazionali.
I contadini vivevano fuori paese, in campagna, mentre quasi tutti gli artigiani - sarti, ciabattini, falegnami, barbieri, ecc – abitavano gomito a gomito in paese, dividendo le piazze con professionisti, commercianti e qualche proprietario terriero. Tale dicotomizzazione ha inevitabilmente portato alla creazione di sottogruppi sociali che hanno sviluppato strategie di adattamento per gestire limiti e possibilità nei rispettivi ambienti sociali e naturali [J. Bennet: 1969]. I contadini condividevano visioni e valori, stimavano i loro pari, e ponevano al centro della loro filosofia il duro lavoro e la parsimonia. All'interno delle mura cittadine invece si associava maggior prestigio a quanti facevano un lavoro “pulito”, come quello del sarto o, ancor più, a coloro che non facevano nessun lavoro manuale.