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#Patrimonio - La chiesa di San Nicola a Locorotondo, un piccolo gioiello artistico

Arte e Cultura


05/10/2018

TAGS Cultura Popolare Arte e Cultura Architettura Puglia

In Via dottor Oliva, non distante dalla chiesa Madre di San Giorgio, nella città vecchia di Locorotondo si può visitare la chiesa di San Nicola, un piccolo splendore artistico restituito alla fruizione pubblica dopo i recenti restauri. Per secoli trascurata, la chiesa in degrado si confondeva con le abitazioni, solo un piccolo rosone nel timpano dava l’indizio di un luogo sacro. Il tempietto risale alla seconda metà del ‘600 e fu edificato, intra moenia, sul luogo di preesistenti cappelle dedicate al Santo di Myra il cui culto è antico a Locorotondo. Nel Basso Medioevo, infatti, esisteva un’altra chiesa dedicata a San Nicola, extra moenia, con annesso monastero nella zona urbana dell’attuale Corso XX Settembre, poi demolita.


La struttura ripete il modello architettonico delle chiese rurali diffuse sulla Murgia dei Trulli dal Basso Medioevo all’Ottocento presenti nelle masserie e nelle Contrade ad uso del contado. Un semplice portale, il timpano con un piccolo rosone e un campanile a vela (ricostruito) adornano la facciata. Un tetto a cummersa copre l’unica navata, rivestito da chiancarelle. L’interno ad aula unica voltata a botte termina con un presbiterio sopraelevato da due gradini, definito da quattro pilastri su cui poggiano la cupoletta emisferica, il tamburo e i pennacchi; si tratta di un un modesto rimando a stilemi classici che all’esterno si risolve con una più popolare copertura a cono di trullo. Un transetto asimettrico si apre a destra dell’altare in due locali comunicanti, uno dei quali affaccia sulla navata, forse un tempo fu una cantoria o un pulpito. Interessante è l’accostamento nello stesso edificio sacro dei due modelli architettonici più diffusi sulla Murgia, e in Valle d’Itria in particolare, il trullo e la cummersa. Cummersa qualche storico lo associa a cum vertice latino, a punta. Cummersa è in italiano conversa, e indica la funzione dei tetti spioventi di raccolta di acqua. Aguzzi sono infatti i tetti di queste costruzioni, chiese o abitazioni. Nei paesi limitrofi gli stessi tetti sono denominati pignon che in francese indica il timpano.


L’interno della chiesa è un colpo d’occhio per il visitatore per i cicli di dipinti murali conservati, dai colori vivaci perché freschi di restauro. Sui sotto volta della navata sono raffigurate storie della vita di San Nicola e alcuni suoi miracoli. La Colonna miracolosa (1° affresco D), una colonna che miracolosamente giunse da Mira a Bari galleggiando in mare seguendo le spoglie del Santo; la storia dei tre myresi liberati (2° affresco D), che ricorda la liberazione di tre condannati a Mira grazie all’intervento del Vescovo Nicola; san Nicola e il miracolo di Nola (3° affresco D), un miracolo operato dal santo su due asinelli suoi compagni di viaggio, barbaramente decapitati e da lui resuscitati; San Nicola e Basilio (4° affresco D), che racconta l’episodio di Adeodato un giovane rapito ai suoi cari dai Saraceni, ma da san Nicola riportato a casa nel giorno della sua celebrazione; l’episodio delle tre figlie (5° affresco D), l’episodio che racconta l’intervento notturno di san Nicola nella casa di un nobile decaduto, dove fece cadere sacchi di monete per lasciare una dote alle fanciulle, in modo da potersi sposare e salvandole dalla prostituzione a cui il padre le aveva destinate; la Carestia a Mira (1° affresco S), che rievoca un periodo di carestia in cui san Nicola riuscì a procurare grano al suo popolo convincendo mercanti passeggeri che lo trasportavano a donarlo; paxis de stratelatis (2° affresco S), riferito alla liberazione da parte di san Nicola di tre ufficiali condannati a morte; nel punto estremo della morte (3° affresco S), è l’episodio del miracolo del santo su un povero cocchiere travolto dal suo cocchio e dai cavalli, rimasto illeso dopo aver invocato Nicola; i tre fanciulli salvati (4° affresco S), la storia di tre studenti che erano stati uccisi,fatti a pezzi e messi sotto sale da un oste, come fosse carne da servire ai clienti; san Nicola di passaggio dalla osteria scoprì l’inganno e salvò i fanciulli; Thauma de Artemide (5° affresco S), la distruzione operata dal Santo del tempio pagano di Artemide, quello più bello e più grande di Myra.


La volta invece è animata da Angeli Musicanti sospesi nell’azzurro del cielo. Un Eterno Benedicente circondato da angioletti in volo e festanti domina la volta della cupola, mentre nei pennacchi sono raffigurati i Quattro Evangelisti. Nei quattro pannelli del tamburo ci sono, insolitamente, immagini di santi anacoreti in paesaggi naturali, santi che solitamente in Puglia si trovano dipinti in eremi rupestri e in chiese con annessi monasteri. Nella seconda arcata cieca della navata da notare è un bellissimo bassorilievo di pietra policroma che rappresenta la Crocifissione di Cristo e le due Marie, come viene riportato da studiosi locali, ma è presumibile che il personaggio a sinistra della Croce sia piuttosto san Giovanni evangelista con tratti femminei. I dipinti murali sono stati eseguiti forse nel XVII secolo, coevi alla costruzione dell’edificio, da maestranze locali.


E’ molto interessante il ciclo degli angeli musicanti che glorificano San Nicola, la sua vita e i suoi miracoli. Si tratta in questo caso di angeli antropomorfi vestiti da lunghe tuniche con i calzari alti. Angeli dunque umanizzati perché intermediari di Dio con l’uomo, immagini che richiamano alcune rappresentazioni dell’arte paleocristiana. Non è strano accostare la musica a san Nicola perché alcuni episodi importanti della sua vita hanno ispirato la creazione di brani musicali fin dal Medioevo, drammi e anche molte ballate popolari che si eseguivano durante le celebrazioni del Santo. Strumenti a fiato, a corde pizzicate, l’organo, gli strumenti ad arco, le percussioni e gli angeli cantori, quanto basta per rappresentare nella chiesa un concerto in onore di san Nicola.


Per tradizione san Nicola è un taumaturgo ed è anche protettore dei bambini, delle giovani spose e dei marinai. A questi ultimi il patronato in terra di Bari era d’obbligo poiché furono proprio dei marinai nel 1087 a trafugare le spoglie del Santo per portarle a Bari. Da allora la devozione per il Santo si è ancor più radicata in Puglia tanto che nei secoli scorsi furono tante le chiese a lui dedicate, alcune non più esistenti.


Per concludere, la chiesa di San Nicola a Locorotondo per secoli è stata trascurata, come riportato su alcuni atti di visite pastorali dei secoli scorsi in cui si fa riferimento a un deperimento strutturale del manufatto. Ancora nel 1904 la chiesa fu visitata dall’arcivescovo di Brindisi che rimarcò precarietà e disaffezione per il tempietto. Negli anni ’70 del Novecento, infine, la chiesa era diventata un deposito per attrezzi edili. Dopo il restauro finalmente il tempio è riaperto alla fruizione dei residenti e dei turisti.


Per un approfondimento si consiglia di leggere il n. 38 della rivista “Locorotondo” in cui si descrive tutto il lavoro dei restauri con saggi di Pasquale Montanaro e Maria di Capua. Sulle pitture murali i saggi di Debora Chiarelli, Sabino Chialà e Domenico Argese. Sul culto nicolaiano in loco il saggio di Vittorio De Michele.



Autore: Maria Teresa Acquaviva - Visita il suo sito www.passaturi.it